di Tony Fabrizio
Storia annosa e sempre attuale quella dello sputtanapoli. Non dovremo mai smettere di parlarne perchè dietro questo ignobile meccanismo si nasconde molto di più di un "semplice" atteggiamento culturale antinapoletano.

Il Coronavisur è (stato) una minaccia mondiale che ha portato al lockdown totale paralizzando i mercati e fermando la produzione di aziende, indotti e fabbriche. La sola che è riuscita a non
chiudere, ma a funzionare a pieno ritmo, addirittura incrementando la propria produzione, è stata la fabbrica del fango contro il Meridione. Con la partecipata manovalanza di tutte la prestigiosa
intellighenzia autoctona del mondo dell’editoria, della scienza, della tecnica, dello spettacolo, stavolta indegno persino per i protagonisti: Vittorio Feltri direttore di Libero che, forse,
tanto libero non è e che ha fatto sapere poi che le sue dichiarazioni erano state fraintese; Giulio Golia, iena napoletana che si è accanito sulla sua Napoli facendone la preda prediletta e
diventando estorsore di confessioni per l’occasione; Luca Abete che ha fatto dello “sputtanapoli” la sua fortuna. Non sono mancate persino le genialate da uomini di scienza, capitanati dal
catodico prof. Galli della Loggia, dai volti più popolari come Gerry Scotti che ha fatto sapere -poi anche lui- che si è solo limitato a prestare la voce al servizio, fino al mondo dello sport
con i tifosi dell’Atalanta che, solo un paio di mesi fa, si sgolavano per accostare i napoletani al Covid-19. Chissà se a fronte dell’impressionante calo demografico (leggasi morti) registrato
proprio a Bergamo, sono ancora dello stesso parere.
Codogno, Brescia, Vo’ Euganeo, Bergamo, Milano, Torino, Lodi sono tutte città lontane, forse agli antipodi di quella Napoli (resa) puzzolente in cui smaltire i rifiuti tossici del nord eppure mai
così vicina a quella bile vomitata gratuitamente. O forse no. Napoli e il Meridione in generale possono e devono diventare la valvola di sfogo, il vomitatorio della parte “alta” dello Stivale in
questa era pandemica. Il Meridione tutto è una eccellente arma di distrazione di massa dal problema vero. Come giustificare altrimenti l’eccellenza della sanità lombarda di colpo scoperta in
eccedenza? Come spiegare che tale sanità, finanziata per più del doppio rispetto alle altre regioni, ha prodotto un clamoroso flop? Come commentare la strage perpetrata ai danni degli anziani con
patologie pregresse (semplice vecchiaia per il Sud) nelle RSA ? Come accettare che la Napoli della pizza, della camorra e del mandolino sia riuscita a far funzionare una cura al virus studiata a
Napoli da un professore napoletano? Come digerire che tali sforzi, con mezzi ridotti per foraggiare altri colleghi medici e ricercatori, sia stata premiata dall’AIFA? Come nascondere la rilevanza
che la stampa estera (collega, ma non collegata a quella italiana) ha individuata nell’Ospedale Cotugno di Napoli l’eccellenza mondiale nella lotta al virus? In che modo provare a non dire che
persino la CNN incensava il nosocomio partenopeo con zero contagi, mentre altrove in Italia era strage di medici e paramedici che hanno superato di qualche decina la centinaia? Come spiegare che
la tecnica di ripresa schiacciata ad altezza d’uomo non rende giustizia, ma può essere volutamente ingannevole in una città che ha conservato la struttura originale dei vicoletti, topos
partenopeo, tanto che nel creare nuovi insediamenti abitativi – le vele – si è deciso di richiamare proprio tale struttura urbana?
Quei vicoli popolari, di gente che si arrangia e campa alla giornata, ma che pullula di “panari solidali” che scendono da ogni balcone. “Chi ha metta, chi non ha prenda”, come San Giuseppe
Moscati – medico santo che riposa nel cuore di Spaccanapoli – ha insegnato e che gente dal cuore napoletano ha saputo trarre e conservare questo insegnamento oggi salvifico. Non solo per la
pancia. Non certificazioni, niente burocrazia, nessun ISEE ma coscienza, rispetto, cultura, civiltà. Quella dell’essere popolo. E prima ancora la spesa sospesa. Allora se i vicoli vivono di
solidarietà, va detto – e fatto dire – dalle persone richiuse in casa e ottemperanti ai DPCM che alla spesa provvede la camorra. Che non vive solo a e di Napoli. Eppure da Napoli e dal Meridione
sono partiti camion e tir dai principali mercati ortofrutticoli e dai più importanti spacci alimentari alla volta del Nord, che era chiuso. Camion e tir che partivano stracolmi e che tornavano
vuoti nonostante i confini, nonostante si parli di autonomia, nonostante l’offesa e la denigrazione. Questa non è la Napoli – che pure è stata - della scuola medica salernitana, della prima
università pubblica, del florido e ricco Regno delle due Sicilie, di Pericle e di Adriano, di Leopardi e Croce, delle “quattro pietre” di Pompei ed Ercolano e delle Quattro giornate, di Enea e
dell’inizio del viaggio di Dante, degli struffoli e dei friarielli: questa è la Napoli di oggi, quella di Saviano e di Gomorra, quella della Camorra e di "Giuda" Golia, quella di Striscia la
Notizia e de Le Iene, quella di Galli della Loggia e di Ascierto, quella di Giulio Tarro e di Roberto Burioni, quella della popolazione da Milano a Palermo che, purtroppo, non è ancora
popolo.
Allora sì, siamo inferiori: siamo inferiori alla sudditanza professionale e lavorativa, inferiori alla carriera a tutti i costi, al meretricio intellettuale del dire ciò che c’è da dire per non
poter dire altro. Inferiori nel difendere la propria terra da chi non l’attacca e, ob torto collo, la sostiene, da chi per difendere se stessi è costretto a denigrare il prossimo che non è
sentirsi meglio, da chi per stare bene ha bisogno di vedere altri stare peggio. Inferiori in questa supposta arroganza che non ci appartiene, inferiori nella superbia e nell'invidia, inferiori
nella cattiveria gratuita che non ci tange. Siamo la città del sole, del sorriso e del saper vivere: ha da passa’ ‘a nuttata pure per voi.